A mia figlia, a cui vorrei insegnare che la fragilità è parte costituente della forza.

giui russo

Mi sono chiesta quando ho perso il mio diritto ad essere fragile emotivamente.
Così ho guardato la mia linea della vita ed ho trovato esattamente il punto in cui questo processo è iniziato.

È stato quando ho scelto di smettere di essere vittima. Vittima del mondo, delle scelte altrui, vittima delle mie emozioni che mi portavano all’autodistruzione.

Avevo poco più di vent’anni ed ho iniziato a giocare il gioco degli adulti. Che è una molto meno saggia e affascinante versione della “legge della jungla”, fatta di societarie convinzioni limitanti, che fanno più o meno così: “se non sei forte, gli altri si approfittano di te. Sei donna e sei debole. Per essere forte devi essere una donna con le palle. Si cambia il mondo con la forza. Volere è potere. Il potere è ciò che ti rende libera.”

Volevo ardentemente essere libera. Perché volevo essere padrona della mia vita. Volevo cambiare la mia storia ed essere io ad avere controllo e potere su di lei.

Volevo essere Libera dal gioco degli adulti.

Peccato che per farlo ho applicato l’unico metodo che allora conoscevo, ovvero la legge degli adulti.

Come puoi liberarti da qualcosa, se ne continui a perpetuarne i meccanismi?

Era un puzzle più grande che la mia mente post – adolescenziale non riusciva a cogliere.

Così ho rinnegato la Persefone dentro di me e sono diventata un’amazzone post-moderna, un’Artemide incallita.

Per combattere i meccanismi della società ho aderito alle sue leggi, che non includono il diritto alla fragilità emotiva.

Hai mai visto una un manager piangere?
Un politico commuoversi (sul serio)?
Un professore ammettere di essere un essere umano e utilizzare la propria esperienza personale come spunto di riflessione con i propri studenti?

Se si, converrai con me che è un’eccezione.

giui

In compenso, abbiamo visto la mercificazione delle emozioni.

Prima nelle lacrime degli ospiti dei programmi del pomeriggio che guardavano le nostre nonne, poi nei reality show ed ora nei reel o nelle storie di chi racconta senza filtri emotivi, ma con filtri estetici, delicatissime esperienze personali.

Così i timidi fragili hanno creduto che mostrarsi vulnerabili fosse pure di cattivo gusto, mentre i fragili estroversi teatralizzavano in una diretta su instagram propri sentimenti.
Perché confondere l’applicazione del diritto della propria fragilità emotiva con la mercificazione dei sentimenti è qualcosa di sottile ed è una sottigliezza percepita in modo differente da ogni essere vivente.

L’asticella del “cosa racconto di me, quanto mi espongo ed espongo la mia fragilità” è diversa per ognuno.

Ragionandoci su, la risposta che mi sono data è che dentro ognuno di noi vi sia un “esposimetro emotivo”. Lo zero di questo esposimetro è l’Ego.
Più sottoesponi l’Ego nella comunicazione delle tue fragilità, più stai applicando il tuo diritto alla fragilità emotiva.
Più sovraesponi l’ego, più stai mercificando le tue emozioni.

Questo avviene sia in pubblico che in privato.

La mercificazione avviene quando si utilizzano le proprie emozioni per ricattare l’altro (che sia un partner o un amico) o quando le si utilizza per accrescere i propri follower.

Il diritto alla fragilità lo si applica con il dialogo autentico, che si instaura con chi ci sta di fronte, che sia una persona in carne e ossa o “K” account digitali.

Dietro al diritto alla fragilità vi è la lotta per un mondo più umano, il riconoscimento globale delle emozioni nate con il primo essere vivente, la voglia di connettersi ad un livello profondo per ricordarci che non siamo soli.
Nessuno di noi lo è, perché c’è un luogo a cui tutti apparteniamo ed è il cuore.

Dietro alla mercificazione vi è un’insaziabile mancanza d’amore, un amor proprio anoressico, che si cerca di colmare con una bulimica ricerca di attenzioni.

Cosa ci stiamo perdendo nel confondere queste due pratiche?

L’umanità e l’accettazione della nostra autenticità.
Il diritto di essere fragili emotivamente è qualcosa che va preservato.

“Sono stanca”
“Non ce la faccio più”
“Sono a pezzi”
“Sono fragile”
“Mi sento distrutta”

È diritto di ognuno sentirsi così. È diritto di ognuno poterlo comunicare a chi sta di fronte, per poter essere abbracciato con i gesti, le parole, ma anche solo con il silenzio.

Per arrivare finalmente a comprendere che non esistono opposti e la fragilità è parte costituente della forza.

Se forse iniziassimo ad insegnare questo diritto ai bambini (e agli adulti travestiti da bambini) le strade sarebbero popolate di persone più autentiche, potenti, felici e serene e verrebbe meno la necessità che alcuni individui sentono nel mercificare i propri sentimenti, per provare a guarire quella ferita d’amore che nessun numero di followers riuscirà mai a render meno dolorosa.