Credo che ogni persona abbia dentro di sé un mondo unico, anche se la nostra società (dicendoci come dobbiamo sentirci, vivere, lavorare o vestire) ci sospinge nel modellarci verso quello che io chiamo il “canone di maggioranza”.
Spesso, anche inconsapevolmente, accettiamo queste “direttive”, dimenticando che è SOLO tramite la manifestazione dell’unicità che possiamo far emergere il nostro potenziale, ovvero quella parte “d’anima” che può renderci individui e professionisti migliori.
La mia unicità risiede nel voler ispirare gli altri e far sì che riescano a trovare la loro strada, a livello personale e artistico, attraverso la “fotografia sciamanica”.
Per questo, oggi, torna la rubrica Fotografia Sostantivo Femminile: voglio farti conoscere Claude Cahun (1894 – 1954), artista dai mille talenti (fotografa, scrittrice, militante politica e attrice) che non ha mai voluto etichettare se stessa o la propria arte.
Claude è anche la prima fotografa che si specializza in autoritratti, uno strumento di indagine della personalità di cui anche io ho fatto, e faccio, esperienza, come ti racconto qui.
L’AUTOREFERENZIALITÀ ARTISTICA COME RICERCA DELLA PROPRIA IDENTITÀ
Claude Cahun nasce Lucy Renée Mathilde Schwob, il 25 Ottobre del 1894 a Nantes.
Si fa chiamare Claude Courlis, poi Daniel Douglas, prima di scegliere definitivamente Claude Cahun, che “rappresenta ai miei occhi il mio vero nome, piuttosto che uno pseudonimo”.
Claude è un nome “neutro”, a seconda dei casi maschile o femminile, mentre Cahun un cognome tipicamente ebraico, quello della nonna paterna a cui è affidata a soli quattro anni, quando la madre è internata in una clinica psichiatrica.
Nella vita di Claude, l’incontro più importante è quello con la diciassettenne Suzanne Malherbe (divenuta poi Marcel Moore). Qualche anno dopo diventeranno sorellastre perché il padre di Cahun sposa la madre di Suzanne.
Sono amiche, confidenti, amanti, anche colleghe.
“Il mio amante non sarà più il soggetto del mio dramma, sarà il mio collaboratore. Io sono uno, tu sei l’altro. O il contrario”.
Si sa che Moore fu sempre dietro la macchina fotografica e poi in camera oscura. In alcuni scatti si può anche cogliere la sua presenza, come se fosse un’ombra.
Il loro è un legame affettivo e professionale, che solo la morte saprà recidere: Claude muore nel 1954, mentre Moore si suicida nel 1972.
Insieme, anticipano i tempi, e la loro arte rappresenta non solo una ricerca personale, ma anche una sfida ai tradizionali concetti di genere, maschile vs femminile.
CLAUDE: INTEGRAZIONE FRA MASCHILE E FEMMINILE
“Maschile? Femminile? Ma dipende dai casi. Neutro è il solo genere che mi si addice sempre”.
Cahun esplora la neutralità di genere in forme estremizzate e al limite del patologico: “mi faccio radere i capelli, strappare i denti, i seni, tutto ciò che infastidisce o irrita il mio sguardo, lo stomaco, le ovaie, il cervello cosciente, un corpo senza organi” .
Queste parole rispecchiano il profondo desiderio di integrazione del maschile con il femminile, per arrivare alla creazione di un essere unico, senza identità specifica e quindi mitico, sulla scia del racconto platonico dell’androgino.
Molti fotografi delle epoche successive, che esploreranno gli stessi temi, troveranno proprio in Claude un loro antecedente, come ti raccontavo qui.
Pur operando al tempo delle avanguardie moderniste del Novecento, Claude è sentita fin troppo anticonvenzionale. La società la isola perché omosessuale (anche se lei non si definisce mai tale), e negli ambienti artistici dei surrealisti non viene considerata una creatrice intellettuale alla pari dell’artista uomo, perché la donna è vista solo nel suo ruolo di musa e oggetto del desiderio.
I motivi che la rendevano un outsider, oggi sono quelli che hanno portato alla sua riscoperta.
A mio parere, però, Claude Cahun non fu affatto una femminista, o una mili
tante del gender, anzi, probabilmente, lei che si considerava “uno, nessuno, centomila”, avrebbe rifiutato tutte queste etichette.
“UNO, NESSUNO, CENTOMILA”
“Sotto questa maschera un volto. Non finirò mai di sollevare tutti questi volti”.
La neutralità per Claude è la condizione che ricerca, come fosse una “tela bianca” da cui poter partire per (re)inventarsi attraverso mascheramenti e metamorfosi.
Claude posa per l’obiettivo vestita da donna o da uomo, con il trucco marcato, i capelli lunghi, raccolti in trecce femminili, oppure corti o, addirittura, rasati. Il suo corpo è travestito, manipolato e estremizzato.
Claude esprime il suo anticonformismo anche attraverso scatti più ironici e curiosi, come quello che la vede posare con degli attrezzi ginnici e una maglia dalla scritta “Mi sto allenando, non baciarmi” (1927).
Come sfondi dei suoi scatti, usa tendaggi, coperte, tessuti, e presta attenzione anche agli oggetti di scena, fra cui si possono vedere maschere, mantelle, indumenti intimi o palle di vetro. Questi espedienti le permettono di vedersi come se fosse una terza persona, per poter esplorare con uno sguardo esterno le differenti identità da cui si sente abitata.
FATTI ISPIRARE DA CLAUDE CAHUN
Che cosa ti ha colpita/o di Claude e della sua ricerca?
Non ignorare questa domanda perché le affinità artistiche che sentiamo e sperimentiamo sono in grado di dirci di noi molto più di quello che siamo capaci di comprendere.
Se, però, hai avuto difficoltà a rispondere, ti lascio una mia ispirazione di “fotografia sciamanica” .
Claude usa spesso, come oggetti di scena, palle di vetro o dal materiale riflettente che mi ricordano il potere dello specchio/obiettivo della macchina fotografica.
Per cui, ti invito a prendere un contenitore che ti piace, meglio se trasparente, e che possa contenere dell’acqua.
Studia le foto di Claude che ho allegato a questo articolo e quando ti sembra di averle bene impresse in mente, allontanati.
Prepara l’attrezzatura che ti serve per creare un autoritratto.
Chiudi gli occhi e cerca di immaginare cosa penserebbe Claude nella tua stessa situazione.
Guarda l’acqua.
Prova a immaginare di essere lei, muovi il tuo contenitore, per vederla fluire, trasformarsi. Sentiti acqua. Fluida. Immagina di non avere un corpo, di non essere più maschio o femmina, ma semplicemente di essere.
Quando sei pronta/o scatta la foto.
Dopo aver studiato la figura di Claude, aver compreso il suo lavoro, stampa una sua foto, la tua preferita oppure vieni a condividerla nel mio gruppo Facebook “Fotografia Sciamanica”. Ti aspetto.