Come ti avevo annunciato qualche settimana fa, tramite la rubrica Fotografia Sostantivo Femminile, desidero farti conoscere le mie “Muse”, fotografe del passato e della contemporaneità, a cui sono molto legata e che mi hanno influenzata, come persona e professionista.
Oggi ti parlerò di Annie Leibovitz.

FOTOGRAFIA SOSTANTIVO FEMMINILE: ANNIE LEIBOVITZ

Anna-Lou Leibovitz, di origine ebrea, nasce il 2 ottobre 1949 in Conneticut (USA), terza di sei figli.
Il padre è un colonnello delle forze armate americane, le cui esigenze di lavoro lo porteranno a spostarsi, con la famiglia, da una base militare e l’altra.
La madre, invece, è un’istruttrice di danza classica, e di lei, Annie, avrà sempre grande considerazione, tanto da farne la sua prima fonte d’ispirazione artistica.

Annie, inizialmente, vorrebbe proseguire la carriera di cantante, poi, in seguito ad alcune fotografie scattate personalmente, decide di dedicarsi allo studio della pellicola. A questo interesse, affianca anche la pittura, iscrivendosi all’Istituto d’Arte di San Francisco, anche se la sua vera passione resterà sempre la fotografia.

Acquista la prima macchina in Giappone, nel 1968: una Minolta SR-T 101, grazie alla quale scatterà le prime fotografie sul monte Fuji. Questa sarà una vera e propria esperienza iniziatica alla fotografia: lei racconta di come aveva scattato molto durante la salita, per accorgersi, arrivando in vetta, che l’ultimo rullino era già inserito nel dispositivo. “Considerai quella mia prima esperienza sul campo – o meglio, “sul sentiero” – come un insegnamento sulla determinazione e sulla moderazione. Senza dubbio quella volta imparai il rispetto per la macchina fotografica; se volevo conviverci, era indispensabile conoscerne il significato”.

Nel 1969 la fotografa, che inizia a ritagliarsi una fetta di popolarità sempre più crescente, si reca nel kibbutz israeliano Amir, dove ritrae tutti i momenti di vita di maggior importanza dei volontari.

Nel 1970 intraprende una collaborazione con la rivista Rolling Stone, autentico trampolino di lancio. Sulla scrivania della redazione giunge, infatti, una sua intensa foto scattata a San Francisco, durante una manifestazione contro la guerra in Vietnam, che diventa subito copertina del giornale.

Patti Smith Annie Leibovitz

Patti Smith Annie Leibovitz

“LA FOTOGRAFIA PERFETTA IMMORTALA”

Nel 1975 segue in tour i veri Rolling Stone, diventandone la fotografa ufficiale, e attraversando con loro tutta l’America. La tournée è caratterizzata da una serie di scatti che ritraggono il gruppo sul palco e dietro le quinte, ma anche durante i loro momenti privati.

“Le foto che scattai ai Rolling Stones erano particolarmente forti, probabilmente perché ho passato tanto, veramente tanto tempo viaggiando con la band”.

Nel 1980 scatta una fotografia, oggi diventata iconica, a John Lennon e a sua moglie, Yoko Ono.
5 ore dopo Lennon verrà ucciso e Yoko rivela che lui, affascinato dalla potenza del ritratto, disse: “Hai catturato esattamente il nostro rapporto”.

Nel 1990 Annie viene premiata col riconoscimento Infinity Awards per la Applied Photography, mentre nel 1991 tiene un’importante esposizione presso il National Portrait Gallery, come prima donna fotografa. Nel corso del nuovo millennio Annie Leibovitz diviene la fotografa ufficiale di diversi calendari che ritraggono alcune donne famose. In particolar modo, l’ultimo suo lavoro, realizzato nel 2016, è quello del calendario Pirelli, che annovera tra le protagoniste Yoko Ono e Patti Smith.

John Lennon e Yoko Ono by Annie Leibovitz

LA ANNIE PRIVATA

Dopo la morte di Lennon, Annie inizia un nuovo percorso di transizione che la porta a dedicarsi maggiormente a sé stessa, abbandonando la dipendenza da cocaina, e alla propria vocazione, entrando tra i ranghi dei fotografi di Vanity Fair. Nella vita privata, Annie Leibovitz si è sempre dichiara omosessuale, vivendo con la compagna Susan Sontang. Si tratta di un aspetto intimo della sua anima, che ha sempre tenuto lontano dai riflettori, fino al 2004, quando Susan muore per leucemia. Grazie all’inseminazione artificiale, Annie avrà anche tre figli.

Susan Annie Leibovitz

Susan Sontag fotografata da Annie Leibovitz

ANNIE, UNA BRIGID CONTEMPORANEA

La fotografia di Annie Leibovitz si diversifica parecchio durante lo svolgimento della sua carriera, senza mai arenarsi a lungo su una preferenza stilistica.
Per questo suo costante divenire, sempre creativo, pieno di ispirazione, animato da un fuoco, caotico, forse, ma intenso, Annie può essere paragonata a Brigit, una delle più importanti divinità celtiche, che puoi approfondire qui. Come fotografa, ha uno smisurato talento visivo, capacità di invenzione, innovazione del genere, maniacalità e consapevolezza di sé.

LA RICERCA DELL’EMPATIA CON IL SOGGETO

Volendo tentare di riassumere la sua filosofia artistica si potrebbe dire che per lei la creazione del feeling con il soggetto viene prima di tutto, anche dello scatto stesso.

“Quando dico che voglio fotografare qualcuno, significa, in realtà, che vorrei conoscere qualcuno, consultarne la personalità. Per realizzare il miglior scatto possibile devo calarmi nel contesto, nella situazione. La fotografia perfetta immortala ciò che ti circonda, un mondo di cui divieni parte”.

Alcune delle fotografie che Annie ricorda più affettuosamente sono quelle improvvisate, frammenti di emozioni e personalità che emergono naturalmente: un Mick Jagger in ascensore, un John Lennon che improvvisamente si spoglia e si rannicchia al fianco di sua moglie, piccoli spezzoni di vita di coppia estratti dal proprio bagaglio personale.
Tra i molteplici ritratti, molti sono diventati icone nell’immaginario collettivo: ne sono testimonianza immagini che ritraggono l’attrice americana Whoopi Goldberg immersa in una vasca da bagno o Dan Aykroyd e John Belushi, in occasione dell’uscita del celebre film “The Blues Brothers”, con il volto dipinto di blu.

Per Annie oggi genere di storia ha la stessa dignità, anche quelle il cui significato appare minimo, perché è la voce del fotografo stesso a dargli nuova vita ed importanza.

Questo effetto ha spinto i personaggi più famosi e importanti del pianeta nel fare a gara per farsi fotografare da lei.

Molti di loro hanno partecipato al documentario Life Through a Lens, su Annie Leibovitz, mandato in onda su Rai5 e diretto dalla sorella della fotografa, Barbara.
Durante i 90 minuti del programma personaggi del calibro di Arnold Schwarzenegger, Hillary Clinton, Mick Jagger e George Clooney sono intervenuti per raccontare la complicità ed empatia che Annie sa creare con i suoi soggetti, rendendoli tutt’uno con l’obiettivo.

Annie ricerca la bellezza all’interno delle sue fotografie e riesce a trovarla avvicinandosi all’anima dei suoi soggetti, ma riuscendo nel contempo a mantenere un sottile velo di distacco.
Quello che le ha permesso di raccontare, in maniera quasi imparziale, anche gli ultimi giorni di vita della sua compagna, Susan.

LA TECNICA

Dal punto di vista tecnico, Annie preferisce sfruttare a 360 gradi le possibilità degli strumenti a sua disposizione: i colori, il fotoritocco digitale, le tecniche classiche, il bianco e nero sono liberamente usati a piacere ed a seconda delle esigenze. Ci sono però alcune costanti: la composizione, la linearità, la scelta curata e attenta delle forme e dei toni. Tutto questo contribuisce a dare coerenza all’immagine che risulta propriamente bella, raffinata, gradevole e seducente all’occhio.

Gli scatti pubblicitari sono piuttosto colorati, esagerati ed artefatti.
L’immagine si riempie di dettaglio e colori manipolati, a partire da una palette scelta, adoperata per creare ricchissime gamme di sfumature che esaltano la brillante vivacità dei toni ma, creano contrasti morbidi con transizioni di colore leggere ma decise.

Personalmente, credo che il vero animo della fotografa traspaia dagli scatti più personali: fotografie strappate agli angoli della vita quotidiana che ritraggono l’amore in tutte le sue forme, dal più romantico al più casalingo, passando per l’idealizzazione di quel sentimento che unisce tutti gli uomini verso la vita. Qui il bianco e nero è preponderante; i contrasti sono molto accentuati, evidenziando il ruolo della luce e nel contempo imprimendogli drammaticità.

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